La condanna ad un anno e due mesi per falso ideologico in atto pubblico è stata fatale a Vasco Errani, che, dopo quindici anni, non è più il governatore dell'Emilia-Romagna. Una doccia fredda per l'ormai ex presidente, che era stato assolto in primo grado. Errani lascia, poi, anche la carica di commissario alla ricostruzione, ottenuta in seguito al sisma che ha sconvolto l'Emilia nel maggio del 2012.
Dopo la sentenza, Errani si concede ai microfoni, dichiardando: "Le mie dimissioni sono dunque puramente un gesto di responsabilità". L'ex presidente, infatti, vuole tutelare l'onore e la rispettabilità dell'ente regionale che, nel processo, si è costituito parte civile.
La partita, comunque, non finisce qui, almeno sul piano giudiziario: Errani farà ricorso alla Cassazione.
Le reazioni
In casa Pd, la condanna di Errani sconvolge tutti. Tre giorni fa la segreteria, dopo una riunione, ha chiesto all'ex governatore di ripensarci. Renzi, che ha visto l'ex governatore ieri a Roma, si dice garantista: pur avendo fiducia nel lavoro dei magistrati, il premier auspica che l'innocenza di Errani venga riconosciuta anche in Cassazione.
Tutt'altro che benevole le reazioni delle opposizioni. I tre principali gruppi del consiglio regionale - Forza Italia, Lega Nord e Udc - avevano chiesto le dimissioni del presidente subito dopo la condanna. Ma Errani ha giocato d'anticipo, annunciandole subito dopo la sentenza.
Anche il MoVimento 5 Stelle entra nel merito della vicenda, lasciando, però, da parte i toni dettati da un giustizialismo di natura virulenta: Pur riconoscendo, infatti, che il gesto di dimettersi fa onore a Errani, i pentastellati chiedono elezioni anticipate. Grillo, poi, rincara la dose, chiedendo che Errani lasciasse anche la carica di commissario alla ricostruzione. Ancora una volta, l'ex governatore non consente spazio alle polemiche degli avversari, avendo annunciato ieri le dimissioni anche da questo incarico.
Un addio dopo quindici anni
E' la fine di un'era. Errani, infatti, ha lasciato la presidenza dopo quindici anni. E' stato eletto per la prima volta nel marzo 1999, dopo la crisi di giunta che aveva travolto l'allora governatore Antonio La Forgia, che era passato dal Pds ai Democratici di Romano Prodi. Quindi, presentatosi alle regionali del 2000 con il sostegno del centrosinistra, vince la competizione ai danni di Gabriele Cané col 56,47% dei voti. Nel 2005 la riconferma è plebiscitaria: Errani ottiene il 62,73% dei voti, non facendo entrare in partita il suo avversario Carlo Monaco. Nel 2010, dopo un lungo strascico di polemiche, legate alla legittimità della terza candidatura, Errani viene riconfermato alla guida della regione col 52,07% dei voti, dopo il confronto elettorale con Anna Maria Bernini del Pdl.
Il dilemma istituzionale: elezioni anticipate o scadenza naturale del mandato?
Aleggia un alone di incertezza sul futuro dell'Emilia-Romagna. Il primo problema, infatti, riguarda la data delle prossime elezioni regionali. In linea teorica, la legge stabilisce che una volta diventate definitive le dimissioni di un presidente di regione decade anche il consiglio regionale (principio del vel simul stabunt vel simul cadent). Quindi, il presidente uscente o chi assume la carica in sua sostituzione, deve convocare nuove elezioni regionali entro tre mesi. Così è successo, ad esempio, in Abruzzo nel 2008, in Sicilia nel 2012 o in Basilicata nel 2013.
La regola, però, ha, spesso, subito delle deroghe: nel 2009, ad esempio, il Lazio è andato regolarmente ad elezioni a marzo 2010, nonostante il presidente Marrazzo si fosse dimesso ad ottobre; nel 2013, le regionali di Lombardia e Lazio sono state accorpate alle politiche di febbraio, nonostante i due governatori avessero lasciato a settembre. Detto altrimenti, non è da scartare l'ipotesi per cui, data la scadenza del mandato molto vicina, si possa evitare una tornata anticipata e che si vada alle urne con le altre 7 sopravvissute agli scandali nei primi mesi del 2015.
C'è, però, un altro aspetto da considerare: anche la Calabria, il cui presidente Giuseppe Scopelliti si è dimesso dopo una condanna, deve rinnovare anticipatamente i suoi organi. E' possibile, dunque, che, per la gioia delle opposizioni, si organizzi una tornata anticipata comune, magari in autunno.
Il problema della successione nel Pd
Un altro dilemma è quello che si sta vivendo in casa Pd: primarie o non primarie per scegliere il prossimo candidato governatore? C'è chi vorrebbe bypassare la scelta dei cittadini, proponendo un candidato di bandiera. Un nome, a proposito, è quello del Sottosegretario Graziano Delrio, con un passato da sindaco a Reggio Emilia. Si è parlato di altri due primi cittadini: quello - ancora in carica - di Imola Daniele Manca e l'ex numero uno di Forlì Roberto Balzani. Salgono, poi, anche le quotazioni di Stefano Bonaccini, responsabile nazionale degli Enti locali, il cui nome era già stato fatto - invano - per le comunali di Modena. Una cordata di renziani, con i già citati Bonaccini e Balzani in testa, chiedono le primarie. La richiesta è, poi, supportata anche da Benedetto Zacchiroli (consigliere comunale a Bologna), il vicepresidente della provincia di Bologna Giacomo Venturi e i consiglieri regionali Matteo Richetti, Damiano Zoffoli e Giuseppe Pagani. Un nodo, quello della scelta del successore di Errani, che, comunque, si dovrebbe sciogliere presto, con la riunione della segreteria regionale, convocata per sabato.
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