Per approfondire: CHI SI CANDIDA | COME SI VOTA | RISULTATI | ANALISI DEL VOTO
Domenica 10 febbraio 2019, l'Abruzzo si recherà alle urne per scegliere il nuovo presidente ed il nuovo Consiglio regionale. Prima di addentrarci nello specifico della tornata elettorale, è necessario focalizzarsi più in generale sulle tendenze che caratterizzano le elezioni regionali abruzzesi. In questa prima tappa del nostro viaggio considereremo tanto i dati elettorali messi a disposizione dalla Regione e dal Ministero dell'Interno quanto gli studi sulla materia. Degno di menzione, infatti, è il quaderno dell'Istituto Cattaneo per l'Osservatorio elettorale della Regione Abruzzo.
➧ Il colore politico della Regione
Per capire innanzitutto il tipo di orientamento della regione, partiremo da due punti: il primo è uno storico di tutte le elezioni dal 1995, ovvero la data da cui è in vigore l'elezione diretta del presidente. Per questo ci affideremo alla timeline che segue:
| 1995 - 2000 | 2000 - 2005 |
2005 - 2008
|
2008 - 2014 | 2014 - 2019 |
| Antonio Falconio | Giovanni Pace | Ottaviano Del Turco* | Giovanni Chiodi | Luciano D'Alfonso** |
| * Dal 14 luglio al 15 dicembre 2008 il vicepresidente reggente è Enrico Paolini **Dal 10 agosto 2018 al 10 febbraio 2019 il vicepresidente reggente è Giovanni Lolli | ||||
Come mostrato dalla timeline, in Abruzzo si è verificata una piena alternanza al governo della Regione e nessuno dei governatori che si è ripresentato per un secondo mandato è stato riconfermato. Il primo ad inaugurare questa serie è stato il popolare Antonio Falconio, eletto al fotofinish nel 1995, a capo di una coalizione di centrosinistra imperniata sul Partito Democratico della Sinistra e sul Partito Popolare Italiano. Nel 2000, Falconio, ripresentato dall'Ulivo, viene sconfitto per circa 4.000 voti dal parlamentare di Alleanza Nazionale, Giovanni Pace, proposto dalla Casa delle Libertà. A sua volta, Pace si ripresenta nel 2005, non riuscendo a fare il bis: a sbarrargli la strada, l'ex ministro delle Finanze, Ottaviano Del Turco, esponente dei Socialisti Democratici Italiani, candidato dall'Unione.
A causa di uno scandalo giudiziario che porterà al suo arresto nel luglio 2008, Del Turco è costretto a lasciare la regione, aprendo la strada alle prime elezioni anticipate della storia dell'ente. La nuova tornata si è celebrata nel dicembre 2008, e ha visto il ritorno a Palazzo Silone di un centrodestra privo tanto dell'Unione di Centro quanto de La Destra. Il nuovo governatore è Giovanni Chiodi, sindaco uscente di Teramo. Come la gran parte dei suoi predecessori, anche Chiodi ritenta la strada della riconferma nelle elezioni del 2014. E come già accaduto in passato, anche per lui non c'è stata la rielezione. A vincere la tornata elettorale, infatti, è il centrosinistra, che ha proposto l'ex presidente della provincia ed ex sindaco di Pescara, Luciano D'Alfonso. Domenica prossima, però, il governatore uscente non sarà della partita: ad agosto 2018, infatti, si è dimesso perché ha optato per il seggio guadagnato al Senato della Repubblica alle elezioni politiche.
Per la seconda volta nella storia regionale, quindi, il presidente uscente non ci sarà, mantenendo inalterata anche per il 2019 la regola del ricambio sulla poltrona più alta di Palazzo Silone. Che, al contrario di quanto avveniva nella Prima repubblica, è diventata una delle più contendibili, nonché appetibili per il partito o la coalizione che governano anche a Roma. Ogni governatore, infatti, ha esercitato la gran parte del mandato proprio quando in Parlamento sedeva una maggioranza dello stesso colore politico.
L'esistenza di una piena alternanza al governo della regione, tuttavia, chiarisce ben poco l'orientamento politico. Potremmo, quindi, pensare che le due coalizioni siano alla pari in termini di voti e percentuali guadagnate. Per capire, quindi, se le cose stiano effettivamente così, è necessario operare più direttamente sui dati elettorali. Abbiamo considerato il numero di voti validi, quelli raccolti dalla coalizione di Centro-sinistra e quelli della coalizione di Centro-destra così come si sono presentati alle elezioni in questi anni e ne abbiamo fatto una media. L'elaborazione è contenuta nella tabella che segue:
| Coalizione | Voti | % | |
|---|---|---|---|
| Media Centro-sinistra | 358 925 | 49,20% | |
| Media Centro-destra | 314 372 | 43,09% | |
| Media voti validi | 729 423 | ||
I risultati smentiscono questa ipotesi. In media, infatti, la coalizione di Centro-sinistra guadagna 44 mila voti in più di quella di Centro-destra. In punti percentuali ciò significa 6,11 punti in più.
Anche a livello di comuni, il centrosinistra appare essere maggiormente incisivo: in ben 209 comuni risulta maggioritario, contro i 97 del centrodestra. Come spiegare, quindi, questa discrepanza nei dati? Una serie di osservazioni ci aiutano a sbrogliare la matassa di un quadro così complesso.
Anche a livello di comuni, il centrosinistra appare essere maggiormente incisivo: in ben 209 comuni risulta maggioritario, contro i 97 del centrodestra. Come spiegare, quindi, questa discrepanza nei dati? Una serie di osservazioni ci aiutano a sbrogliare la matassa di un quadro così complesso.
➧ I risultati elettorali nel complesso: un incontenibile divario
Il centrosinistra parte innanzitutto da un
vantaggio: aver vinto più elezioni regionali del centrodestra. Tre
volte su cinque. In secondo luogo, le vittorie conseguite hanno avuto quasi sempre un carattere molto più consistente di quelle del centrodestra.
Coalizione
|
1995 | 2000 | 2005 | 2008 | 2014 | |
| Centro-sinistra | 48,22 | 48,80 | 58,24 | 42,67 | 46,26 | |
| Centro-destra | 47,21 | 49,26 | 40,65 | 48,81 | 29,26 | |
Differenza
|
1,01 | 0,46 | 17,59 | 6,14 | 17,00 | |
In pratica, se
escludiamo le elezioni regionali del 1995, quando tra i due contendenti la
forbice è molto sottile (meno di 10mila voti), nelle altre due circostanze in cui a vincere è il centrosinistra, il
distacco è molto netto: nel 2005, infatti, Del Turco si impone su Giovanni Pace
per 17,59 punti. E lo stesso accade nel 2014, quando D’Alfonso supera Chiodi di
17,00 punti. Al contrario, le vittorie del centrodestra sono molto più contenute: nel 2000, Pace vince all'ultimo minuto, con 4mila voti di scarto su Falconio; nel 2008, tra Chiodi e Costantini, il divario è di 6,14 punti.
In quest’ultima circostanza, qualcuno potrebbe obiettare che il divario tra i due potrebbe essere molto più ampio, vista la scelta dell’Unione di Centro e de La Destra di andare da soli in quella tornata elettorale. Sicuramente vero, ma lo stesso si potrebbe affermare nel caso del 2014 per il centrosinistra, quando Rifondazione Comunista decide di uscire dalla coalizione per sposare una candidatura alternativa.
Possiamo, quindi, ammettere anche, che un parziale riequilibrio
possa esserci ma di fatto la sostanza non cambia: il centrosinistra
risulterebbe comunque maggioritario.
➧ Mobilitazione e astensione contro la teoria
Anche l'affluenza gioca un ruolo interessante e contrastante rispetto a quanto gli studi politici italiani ci hanno tramandato: la condizione ideale per la vittoria del centrosinistra non è quella dell'astensione, ma quella di una piena disponibilità dell'elettorato a mobilitarsi.
| 1995 | 2000 | 2005 | 2008 | 2014 | ||
| Affluenza | 76,8 | 70,6 | 68,6 | 53,0 | 61,6 | |
| Diff. con prec. | ⬇ 6,2 | ⬇ 2,0 | ⬇ 15,6 | ⬆ 8,6 | ||
I dati riportati in tabella, infatti, dimostrano che proprio in corrispondenza di due cali drastici del numero di votanti, a vincere è il centrodestra: nel 2000, infatti, l'affluenza scende oltre il 6%, raggiungendo il più basso numero di schede nelle urne nella storia regionale nelle elezioni anticipate del 2008.
Nel 2005, invece, si registra un calo più contenuto, mentre nel 2014 - probabilmente su impulso delle elezioni europee - la partecipazione elettorale cresce ingentemente, riportando l'asticella al di sopra del 60% degli aventi diritto al voto.
➧ Come vota il territorio?
Il dato complessivo regionale sull'affluenza è, tuttavia, la risultante di un quadro solamente in parte omogeneo. Come ha potuto rilevare l'Istituto Cattaneo nel suo quaderno per l'Osservatorio elettorale abruzzese, infatti, esistono differenze vere e proprie tra le diverse province.
| 1995 | 2000 | 2005 | 2008 | 2014 | ||
| Chieti | 75,9 | 69,2 | 67,3 | 51,3 | 57,6 | |
| L'Aquila | 74,7 | 69,6 | 69,3 | 53,6 | 57,2 | |
| Pescara | 76,4 | 70,6 | 68,6 | 52,5 | 65,4 | |
| Teramo | 80,6 | 73,4 | 69,7 | 55,1 | 67,6 | |
La tabella, infatti, vede Chieti essere tendenzialmente la provincia con meno votanti e Teramo quella con più schede nelle urne. Tra L'Aquila e Pescara, invece, la differenza è in genere minima, ma si fa molto marcata con l'ultima tornata elettorale. Inoltre, nella gran parte delle tornate, Pescara presenta un valore maggiore all'affluenza regionale complessiva. Al contrario dell'Aquila.
Affermare tutto ciò è molto importante, perché contribuisce a spiegare il successo del centrosinistra sul centrodestra alle regionali: Pescara e Teramo, infatti, risultano essere le circoscrizioni in cui i progressisti sono tradizionalmente più forti, mentre Chieti e L'Aquila sono quelle in cui a prevalere sono i partiti del centrodestra.
L'immagine mostra i candidati presidente maggioritari per provincia nelle cinque tornate elettorali. Da essa si evince innanzitutto come il centrodestra, al contrario del centrosinistra, non sia ancora riuscito a fare l'en-plein in una elezione. Pescara è la provincia più rossa: rimane ai progressisti anche nella difficile tornata del 2008 e rappresenta il miglior risultato tanto per Falconio nel 2000 quanto per Del Turco nel 2005.
Chieti e L'Aquila, invece, vanno al centrodestra tre volte su cinque, dando al centrosinistra un risultato ben al di sotto della media nelle regionali del 2005. Più interessante il caso di Teramo: la provincia più settentrionale d'Abruzzo parte come la "più rossa" e finisce per diventare una delle più esposte verso il centrodestra. Come mai questo?
In questa circostanza può aver influito il fattore radicamento territoriale del candidato presidente nella propria provincia. Una tendenza tipica dei candidati governatore dell'Abruzzo e che non fa eccezione nel caso di Giovanni Chiodi. I 17mila voti al solo ex sindaco di Teramo rappresentavano il 22,3% dei consensi totali raccolti nella circoscrizione alle elezioni del 2008. L'unica tornata elettorale, in cui, come rilevato dall'Istituto Cattaneo, il voto al solo candidato presidente ha avuto una maggiore incidenza in tutta la storia elettorale della regione. Non bisogna dimenticare, infatti, che l'Abruzzo ha sempre seguito un profilo più simile a quello delle regioni del Sud, sicuramente meno connotato dal voto d'opinione o di appartenenza, per dirla con Parisi e Pasquino.
➧ Un elettorato mobile
Nel 2014, però, succede il paradosso perché Luciano D'Alfonso fa meglio nelle due tradizionali province più vicine al centrodestra - L'Aquila e Chieti - e ottiene un risultato sotto la media nelle due storiche roccaforti progressiste. Come mai? Nel caso di Teramo, la spiegazione l'abbiamo già data. Quello di Pescara, invece, è quanto mai inatteso. Tanto più che Luciano D'Alfonso ha ricoperto tanto la carica di sindaco del capoluogo quanto quella di presidente della provincia.
La risposta potrebbe risiedere nella mobilità dell'elettorato abruzzese che, di fatto, è la caratteristica per cui la Regione è aperta maggiormente alla competizione. Nell'indagine condotta dall'Istituto Cattaneo, è stato possibile evidenziare come in prossimità di grandi cambiamenti dell'offerta politica in Abruzzo si sia registrata una forte mobilità elettorale netta. Applicando l'indice di Pedersen, infatti, i valori più alti si registrano in tre circostanze particolari: il 1995 - ossia quando per la prima volta debutta il nuovo sistema elettorale ed il nuovo sistema partitico - il 2008, quando si registra un terremoto giudiziario in Regione ed un ulteriore cambio dell'offerta partitica ed il 2014, quando, per la prima volta compare il Movimento Cinque Stelle. La cui candidata, neanche a farlo apposta, ottiene la sua migliore performance proprio a Pescara.
I flussi elettorali dell'Istituto Cattaneo sul comune di Pescara sembrano, poi, suggerire questa tendenza dei pentastellati a far convergere su di sé i voti dei candidati terzi e in maniera maggiore quelli andati in passato al centrosinistra. I progressisti, di converso, riescono a rimobilitare l'elettorato in maniera maggiore rispetto al centrodestra e ai Cinque Stelle.
Come rispondere, dunque, alla domanda: come votano gli abruzzesi alle regionali? Votano penalizzando l'uscente e spostandosi da una coalizione all'altra. Con il centrosinistra che, però, quando prevale, vince a man bassa e con il centrodestra maggiormente in difficoltà.
La risposta potrebbe risiedere nella mobilità dell'elettorato abruzzese che, di fatto, è la caratteristica per cui la Regione è aperta maggiormente alla competizione. Nell'indagine condotta dall'Istituto Cattaneo, è stato possibile evidenziare come in prossimità di grandi cambiamenti dell'offerta politica in Abruzzo si sia registrata una forte mobilità elettorale netta. Applicando l'indice di Pedersen, infatti, i valori più alti si registrano in tre circostanze particolari: il 1995 - ossia quando per la prima volta debutta il nuovo sistema elettorale ed il nuovo sistema partitico - il 2008, quando si registra un terremoto giudiziario in Regione ed un ulteriore cambio dell'offerta partitica ed il 2014, quando, per la prima volta compare il Movimento Cinque Stelle. La cui candidata, neanche a farlo apposta, ottiene la sua migliore performance proprio a Pescara.
I flussi elettorali dell'Istituto Cattaneo sul comune di Pescara sembrano, poi, suggerire questa tendenza dei pentastellati a far convergere su di sé i voti dei candidati terzi e in maniera maggiore quelli andati in passato al centrosinistra. I progressisti, di converso, riescono a rimobilitare l'elettorato in maniera maggiore rispetto al centrodestra e ai Cinque Stelle.
Come rispondere, dunque, alla domanda: come votano gli abruzzesi alle regionali? Votano penalizzando l'uscente e spostandosi da una coalizione all'altra. Con il centrosinistra che, però, quando prevale, vince a man bassa e con il centrodestra maggiormente in difficoltà.


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