Elezioni Abruzzo 2019: come ha votato la regione




Per approfondire: L'ABRUZZO ALLE REGIONALI | CHI SI CANDIDA | COME SI VOTA | CHI HA  VINTO


Ampia vittoria del centrodestra, tenuta del centrosinistra, flop del Movimento Cinque Stelle. Si può sintetizzare così l’esito delle elezioni regionali in Abruzzo. Una tornata in cui ha prevalso un copione già ben conosciuto a chi ha studiato la storia elettorale della regione.

➧ Il "voto politico" che segna la vittoria del centrodestra

La vittoria del centrodestra, infatti, aggiunge poco e nulla a quello che già si sapeva. Innanzitutto, è stata rispettata la regola aurea dell’alternanza al governo. A cui si è aggiunta una affluenza decisamente in calo se rapportata alla tornata precedente. Alle 23 del 10 febbraio, avevano inserito la scheda nelle 1285 urne elettorali della regione solamente il 53,1% degli aventi diritto. Una percentuale di votanti che crolla vertiginosamente rispetto al 2014 – un calo dell’8% - e che riporta la regione indietro di dieci anni fa. Quando, manco a farlo apposta, a vincere era stato proprio il centrodestra.


Il calo è generalizzato e consente un riequilibrio tra le quattro province. Pescara, come da consuetudine è quella con più votanti, mentre Chieti fa ancora da fanalino di coda. L’affluenza, poi, cresce a L’Aquila, mentre a Teramo si abbassa.



È il paese di Oricola, in provincia dell’Aquila a far registrare il numero di elettori più alto (18 punti in più alla media regionale), mentre a Roio del Sangro (Chieti), va la maglia nera: qui ha votato solamente il 16,55%. La tendenza registrata in questo piccolo comune del teatino, però, non è un caso isolato. I paesi della montagna, con un basso grado di urbanizzazione e popolazione hanno seguito lo stesso esempio: presentano una affluenza sotto la media proprio quei comuni appartenenti alla montagna interna e con una popolazione inferiore alle mille unità.

Ancora una volta, poi, l’Abruzzo si dimostra una regione particolarmente volatile. Applicando l’indice di Pedersen, che indica la volatilità netta, infatti, il valore raggiunge quota 45%. In linea con quanto già riscontrato nelle ultime due tornate. Elemento di novità, però, è lo scenario in cui ciò è avvenuto: per la prima volta non fanno da contorno significativi cambi dell’offerta politica, così come lo spettro delle inchieste giudiziarie che avevano travolto il governatore Del Turco prima e il presidente Chiodi con la sua giunta poi.

Ci sono, poi, altri tratti di discontinuità con il passato. In primis l’ampio margine con cui il centrodestra vince la tornata: 16,75 punti di scarto col centrosinistra. Un livello raggiunto, come abbiamo già visto, solamente nei casi in cui a vincere erano stati i progressisti. In secondo luogo, la distribuzione territoriale del voto.



Come possiamo notare dall'infografica, il centrodestra totalizza il più alto numero di comuni conquistati da quando è stata introdotta l'elezione diretta del presidente della Regione: ben 231. Al contrario, il centrosinistra si ferma a 70, facendo la performance più opaca dal 1995. Ancora molto residuale il consenso del Movimento Cinque Stelle, che si deve accontentare di soli 4 comuni: Castiglione Messer Marino, Lettopalena, Tornareccio e Tufillo.

Candidato maggioritario per categoria di comune
Categoria Legnini Marsilio Marcozzi Flajani
Montagna Interna 47 118 2 -
Collina Interna 27 101 2 -
Collina Litoranea 8 64 - -
Totale 70 231 4 -
Le categorie di Comuni seguono le classificazioni ISTAT
Candidato maggioritario per fascia demografica
Fascia demografica Legnini Marsilio Marcozzi Flajani
< 1.000 ab. 42 76 2 -
1.000-5.000 ab. 27 101 2 -
5.000-10.000 ab. 1 27 - -
10.000-15.000 ab. - 9 - -
> 15.000 - 18 - -
Totale 70 231 4 -
Le categorie di Comuni seguono le classificazioni ISTAT

Più in generale sono i comuni di alta montagna a preferire Legnini a Marsilio: a questa categoria, infatti, appartengono 47 dei 70 enti che hanno optato per il candidato di centrosinistra. Le maggiori isole arancioni, infatti, si collocano a ridosso della Majella e sulla parte nord-occidentale dei massicci del Gran Sasso e dei Monti della Laga.

Al contrario, Marsilio guadagna una buona dose di consensi anche nelle aree collinari, spadroneggiando nei comuni ad alta fascia demografica: con la sola eccezione di Guardiagrele, il senatore di Fratelli d'Italia vince negli altri 54 comuni che hanno una popolazione superiore ai 5.000 abitanti.




Si tratta, dunque, di un consenso molto omogeneo sul territorio, che consente al centrodestra di raggiungere un altro storico traguardo: quello di risultare maggioritario in tutte e quattro le province. Con L’Aquila che, come da tradizione, è più generosa nei confronti del senatore di Fratelli d’Italia e Chieti che più difficilmente si è concessa al nuovo governatore. Proprio quest’ultima provincia, però, è quella più aperta al tripolarismo: Sara Marcozzi si ferma appena sotto il 25%, conquistando il suo risultato migliore in una circoscrizione; per Giovanni Legnini, invece, si tratta della seconda percentuale più alta dopo quella ottenuta a L’Aquila.

Un risultato, quello di Chieti, in cui ha giocato un ruolo importante il “fattore candidato”. Sia Marcozzi sia Legnini provengono proprio da questa provincia equi sono riusciti a fare maggiori proseliti: per entrambi gli aspiranti governatori provengono proprio da qui la metà dei voti al solo candidato presidente. Che, al contrario, nel caso di Marsilio sono ben distribuiti su tutte e quattro le province.

Voti ai soli candidati presidente
Candidato
Voti
Giovanni Legnini11 794
Sara Marcozzi7 878
Marco Marsilio5 070
Stefano Flajani414
Totale voti al solo candidato
25 126

Rispetto agli altri due principali candidati, Marco Marsilio si dimostra meno attrattivo, pagando probabilmente la mancanza di un radicamento territoriale del suo nome: solo un quinto dei voti destinato ai candidati presidenti va al neogovernatore. La personalizzazione della competizione elettorale, quindi, non sembra aver influito in maniera determinante sul buon esito della tornata elettorale.


Ricostruendo la distribuzione elettorale della coalizione, infatti, si nota che anche l'apporto dell'unica lista civica è di fatto minimo: rappresenta il 7% dei voti, a fronte del 37% espresso dalle tre liste minori (Forza Italia, Fratelli d'Italia e Unione di Centro) e del 56% della sola Lega. A spingere per l'ipotesi di un voto politico sulla scorta delle tendenze nazionali è, infine, un altro elemento:il basso tasso di preferenza ai candidati per il Consiglio regionale.

Tasso di preferenza nel Centro-destra
Liste CH AQ PE TE Reg.
Lega
30,42% 40,87% 32,68% 37,02% 34,88%
Forza Italia 
45,00% 53,21% 47,42% 48,43% 48,27%
Fratelli d'Italia  
46,47% 52,56% 44,24% 44,62% 48,33%
UDC - DC - Idea   
50,03% 56,47% 28,60% 44,10% 52,06%
Azione Politica   
53,55% 52,47% 54,55% 52,38% 53,27%
Coalizione di Centro-destra   
37,57% 48,25% 38,31% 40,84% 41,34%

Su scala regionale, vale la pena di affermarlo, i voti di preferenza si sono attestati poco sotto il 40%, secondo una tendenza calante già rilevata nel tempo dall'Istituto Cattaneo nel suo quaderno elettorale.  L'Aquila si conferma ancora la provincia con maggiore tasso di preferenza, mentre nelle altre tre province si registrano valori molto simili e largamente sotto la media del Centro-destra (41,34%). In termini di partito si nota, invece, una correlazione interessante: più la formazione è stata suffragata, più il tasso di preferenza si abbassa. C'è da dire, tuttavia, che l'unica vera lista ad esser lontana da questo tipo di logiche è quella della Lega, con il suo 34,88%.

➧ Effetto candidato e liste civiche dietro la tenuta del centrosinistra

Nel centrosinistra, invece, è proprio la personalizzazione politica a giocare un ruolo chiave. Essa consente, infatti, di stigmatizzare le perdite rispetto alle regionali del 2014, mettendo in evidenza il recupero sulle elezioni politiche del 4 marzo e sui sondaggi, che davano il centrosinistra fuori gara anche per la seconda piazza. 

Innanzitutto, l'obiettivo di Legnini di farsi percepire come candidato slegato dalle logiche di partito è sicuramente in gran parte riuscita. Non è un caso che circa la metà dei voti ai soli candidati presidenti,vadano proprio all'ex vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. Tuttavia, se ciò ha consentito ai dem ed alleati di tornare in partita, non ha altresì permesso una vera e propria rimonta. I voti ai soli candidati presidenti, infatti, hanno avuto un ruolo molto residuale, perché le circa 25mila preferenze espresse hanno rappresentato solo il 4,02% dei voti validi totali.



Altro punto su cui l'ex senatore di Roccamontepiano ha impostato la sua campagna è stata l'apertura alla società civile. Una apertura che ha portato alla creazione di tre liste civiche, che facessero da contraltare ai ridimensionatissimi simboli dei partiti. Anche in questo caso, il candidato del centrosinistra è riuscito a raccogliere i frutti della sua scelta. Complessivamente, le tre compagini locali portano a casa il 12%, giocando un ruolo da azionisti di maggioranza all'interno della coalizione: esse rappresentano, infatti, il 40% dei voti validi espressi contro il 36% del Partito Democratico ed il 24% raccolto dalle liste minori. Rispetto alle precedenti tornate elettorali, tuttavia, le liste civiche non sono riuscite ancora a fare un vero salto di qualità: considerando anche la lista di Azione Politica, esse superano di poco il 15% dei voti validi, attestandosi sugli stessi livelli del 2014.

Infine, ha sicuramente giovato alla corsa di Giovanni Legnini, il maggior radicamento territoriale dei candidati consiglieri che hanno aderito alle sue liste. Un radicamento, che ha trovato espressione nel più alto tasso di preferenza tra tutte le alleanze che hanno preso parte alle elezioni:

Tasso di preferenza nel Centro-destra
Liste CH AQ PE TE Reg.
Partito Democratico
43,47% 48,82% 43,59% 43,01% 44,41%
Legnini Presidente 
39,38% 57,59% 31,43% 47,23% 45,04%
Abruzzo in Comune  
54,55% 62,43% 54,06% 56,06% 57,49%
+Abruzzo   
46,08% 60,19% 39,64% 42,16% 48,41%
Abruzzo Insieme
46,29% 50,59% 58,87% 46,49% 51,48%
Centristi per l'Europa  
49,53% 65,09% 56,78% 46,61% 57,47%
Liberi e Uguali
34,40% 41,24% 44,14% 40,82% 39,62%
Avanti Abruzzo (PSI-IDV)
39,89% 46,20% 39,59% 45,21% 43,50%
Coalizione di Centro-sinistra   
43,37% 54,56% 45,17% 46,38% 47,18%

Come mostra la tabella, le preferenze ai candidati consiglieri del centrosinistra sono circa il 47% dei voti validi. Circa sei punti in più del centrodestra e nove punti in più della media regionale. Se facciamo un'eccezione per i Centristi per l'Europa, notiamo che le liste civiche guadagnano tassi di preferenza più alti dei partiti nazionali. Degno di nota, in particolare, è il numero di voti ai consiglieri espressi  verso i candidati della lista Abruzzo in Comune, composta per la gran parte da amministratori locali di tutta la Regione.

➧ Cinque Stelle smobilitati al palo

Il dato che, però, più di tutti è saltato all'occhio è proprio il risultato del Movimento Cinque Stelle. Una debacle se rapportata alle elezioni politiche del 4 marzo - i pentastellati dimezzano voti e percentuale - una performance non entusiasmante se paragonata al 2014: Sara Marcozzi lascia sul terreno circa 20mila voti, esattamente come la lista. In totale scendono di circa un punto percentuale rispetto a cinque anni fa.

Dall'analisi fin qui condotta, abbiamo potuto notare che a Marcozzi è mancato quel duplice slancio che le avrebbe permesso di diventare la prima governatrice a Cinque Stelle di una regione italiana. Da un lato, lo slancio personalistico è stato molto limitato: è vero che 7mila abruzzesi destinano la loro preferenza solo a lei, facendo meglio anche del vincitore Marsilio, ma è altrettanto vero che la sua lista paga la mancanza di radicamento territoriale. Non a caso, il tasso di preferenza ai candidati per il Consiglio regionale non supera nemmeno il 30%.

Dall'altro, è mancato quello politico, che ha di fatto consentito al centrodestra di dominare incontrastato nella tornata. L'astensione ha giocato sicuramente un ruolo negativo, così come la smobilitazione generalizzata emersa dai flussi di voto delle tre principali città d'Abruzzo: L'Aquila, Pescara e Teramo. Sia il Centro Italiano Studi Elettorali sia l'Istituto Cattaneo hanno rilevato la tendenza di fondo della Lega di cannibalizzare in maniera più consistente l'elettorato pentastellato che quello degli alleati.

Nel capoluogo della Regione, ad esempio, il Movimento Cinque Stelle vede assottigliarsi notevolmente la sua fetta di elettori: ne cede circa la metà alla Lega, e due parti minori al centrodestra e all'astensione. Proprio dal non-voto, invece, proviene una parte dei guadagni del centrosinistra.

Flussi di voto tra politiche 2018 e regionali 2019 a L'Aquila. Credits: Centro Italiano Studi Elettorali

Se nella Città federiciana hanno probabilmente pagato un mancato radicamento territoriale - i pentastellati hanno avuto risultati inferiori alla media, non riuscendo nemmeno ad entrare in consiglio comunale - non si può dire altrettanto di Pescara, dove alle europee e alle politiche hanno sempre trionfato.

Flussi di voto tra politiche 2018 e regionali 2019 a Pescara. Credits: Centro Italiano Studi Elettorali
Anche in questo caso, il bilancio appare impietoso nei confronti della formazione grillina: un terzo degli elettori si spostano verso il Carroccio, una fetta molto consistente decide di astenersi e un'altra rilevante parte va verso Giovanni Legnini. Il quale, a sua volta, riesce a recuperare ingenti fette di elettorato alla sua sinistra, perdendone una parte verso il centrodestra e l'astensione.

Flussi di voto tra politiche 2018 e regionali 2019 a Teramo. Credits: Istituto Cattaneo

Anche a Teramo, infine, l'Istituto Cattaneo rileva un ingente spostamento verso destra di chi aveva scelto i pentastellati alle politiche: su 100 elettori solo in 29 riconfermano il proprio voto a Sara Marcozzi, mentre in 34 si spostano verso Marsilio. Una buona parte di grillini, poi, decide di dar fiducia a Legnini e, in misura equivalente non si reca proprio alle urne.

➧ Cosa concludere?

Cosa concludere di queste elezioni regionali? Che si è trattato di un voto molto in linea con la tradizione elettorale regionale, votata all'alternanza e alla mobilità. Il quadro favorevole per la Lega ed una coalizione di centrodestra unita spinge Marsilio a Palazzo Silone, nonostante il limitato appeal personale del candidato, dovuto ad uno scarso radicamento territoriale

Il voto politico per Marsilio fa da contraltare al trascinamento che la figura di Giovanni Legnini ha avuto verso il centrosinistra. L'ex vicepresidente del Csm riesce a riaprire una partita chiusa puntando sulla società civile e slegandosi dai partiti nazionali. Un tentativo in parte riuscito e in parte no: la componente "personalistica" del voto, infatti, è limitata sia nei confronti del candidato presidente sia nei confronti degli aspiranti consiglieri. E lo stesso vale per il contributo che le liste civiche riescono a portare nel contesto regionale.

La vera crisi, tuttavia, riguarda il Movimento Cinque Stelle, che perde l'occasione per imporsi alla guida di una regione italiana. A Sara Marcozzi manca uno slancio personalistico dal territorio e soprattutto quello politico, con l'elettorato che aveva scelto i pentastellati alle politiche che ha preferito loro le istanze leghiste.

Sicuramente ha una valenza politica limitata, ma il voto in Abruzzo apre verso almeno un paio di scenari interessanti: il governo giallo-verde avrà ancora vita lunga? Il centrosinistra ha trovato la chiave di volta per fronteggiare i populisti?

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